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diagnosi di Hiv nel 2022

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Dal notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità sulle nuove infezioni da HIV uscito alcuni giorni fa risulta che le nuove diagnosi in Italia nel 2022 sono state 1888, con una incidenza di 3,2 casi ogni 100mila abitanti. Rispetto all’incidenza media dell’Europa Occidentale, che è di 5,1,  l’Italia si colloca al terzo posto per incidenza più bassa. Il trend è in risalita rispetto al 2020, anno in cui si è verificata una sottostima di diagnosi dovuta alla pandemia di Covid-19.

La modalità di trasmissione nel 2022 è così suddivisa:

  • 43% persone eterosessuali
  • 40.9 % maschi che fanno sesso con maschi
  • 4,3% IDU (utilizzatori di sostanze per via endovenosa)
  • 11,8 % non riportato

Più del 40% delle persone con nuova diagnosi HIV ha eseguito il test per sospetta patologia HIV correlata o presenza di sintomi HIV, seguito da un 24,3 % che lo ha fatto per comportamenti sessuali a rischio. Solo l’8,9 % ha eseguito il test come controllo di routine o a seguito di campagne di screening in ambiti extra-sanitari. Una percentuale bassa, che rivela l’urgenza di investire maggiormente su modelli come i checkpoint gestiti da organizzazioni del terzo settore.

L’incidenza più alta si registra nella fascia d’età 30-39 anni, dove si osserva una incidenza totale di 7,3 casi ogni 100mila abitanti, che cresce notevolmente se ci si sofferma sulla popolazione maschile. Negli ultimi 10 anni si è avuto un incremento di diagnosi in età avanzata, con una percentuale di over 50 salita dal 17% nel 2012 al 31% nel 2022.  Un dato che fa riflettere su quanto anche le persone in età avanzata siano a rischio e vadano indirizzate a fare i test.

Un dato allarmante riguarda la percentuale di late presenters, ovvero persone che arrivano a una diagnosi tardiva, che vede l’Italia in un trend di crescita negli ultimi anni. Nel 2022 la percentuale è di 58,1 %, ben al di sopra della media europea. Di questa fetta di diagnosi tardive le percentuali più alte riguardano maschi eterosessuali e persone di età superiore ai 60 anni. Serve dunque una maggiore sensibilizzazione nella popolazione generale a testarsi regolarmente, in modo da arrivare a diagnosi tempestive che impediscano il manifestarsi della malattia.

La regione Lazio riporta l’incidenza più alta di diagnosi (4,8), seguita da Toscana, Campania, Abruzzo, Emilia Romagna. Un’incidenza alta più del doppio rispetto a quella della Lombardia, regione in cui negli ultimi anni è stato facilitato l’accesso alla PrEP, grazie all’attività di sensibilizzazione delle associazioni e alla gratuità degli screening trimestrali.

Nota positiva per il Lazio è il calo dell’incidenza rispetto all’anno precedente, in cui era del 5,4 %. La città di Roma è in testa alla classifica delle nuove diagnosi sia in numero assoluto (218), che in termini di incidenza (5,2 %). Un dato in calo rispetto al 2021, dove le diagnosi registrate erano 255 (incidenza pari a 6). Anche qui il paragone con Milano è sconfortante: nel capoluogo lombardo si sono registrate 55 diagnosi con un’incidenza di 1,7 casi per 100mila abitanti.

Per quanto ci sia ancora tanto da fare, vogliamo cogliere i segnali positivi del Notiziario e confidare nel fatto che i dati del 2023 saranno migliori, come conseguenza della rimborsabilità della PrEP approvata quest’anno, che sta gradualmente diventando operativa nelle regioni italiane. Nel frattempo è importante riconoscere il lavoro delle associazioni per diffondere una cultura della salute sessuale e per creare spazi fisici e virtuali in cui facilitare l’accesso ai test e ai dispositivi di prevenzione.